martedì 31 dicembre 2019

La leggenda di Snegurochka, la “Fanciulla di Neve”

Snegurochka è uno dei personaggi più amati e originali nel vasto panorama del folklore russo. La sua figura leggera ed elegante si è evoluta nel tempo fino a diventare quella che conosciamo oggi, ovvero la ragazza che aiuta Ded Moroz (Nonno Gelo, una sorta di Babbo Natale russo) a consegnare i regali ai bambini la sera di Capodanno. Quest’ultimo particolare è molto importante. Il personaggio fatato di Snegurochka è legato alla fase di passaggio dal vecchio al nuovo anno e non al 25 dicembre, data del Natale cattolico.

venerdì 23 febbraio 2018

La Festa del Difensore della Patria

Fonte: Yandex
In Russia il 23 febbraio si celebra una festa molto particolare e importante dal punto di vista storico e sociale: il Giorno dei Difensori della Patria (День защитника Отечества). Molti associano questa ricorrenza alla Festa del Papà, altri la caratterizzano come un corrispettivo della Festa della Donna.

Come vedremo questa giornata è divenuta, col tempo, un’occasione dedicata a tutti gli uomini russi, non solo ai padri e le sue origini ci riportano all’ambito militare e bellico. Il 23 febbraio 1918 (esattamente cento anni fa) vennero arruolati, a Mosca e Pietrogrado, i primi soldati che avrebbero costituito il nucleo dell’Armata Rossa (infatti, fino al 1949, la Festa dei Difensori della Patria era conosciuta come “Giorno dell’Armata Rossa”) e iniziarono i combattimenti contro l’impero tedesco.

Su quest’ultimo punto, però, le opinioni degli storici divergono; alcuni sostengono che il 23 febbraio non vi sia stato alcuno scontro fra russi e tedeschi e l’assenza di documenti storici ne sarebbe la prova. Nel periodo sovietico la ricorrenza cambiò nome, divenendo il “Giorno dell’Esercito Sovietico e della Flotta della Marina Militare”, subendo, così, una trasformazione che mirava ad ampliarne il significato originario.

Il passato veniva ricordato attraverso la celebrazione della forza militare russa, assumendo anche una “veste” propagandistica. Dopo la caduta dell’Unione Sovietica, il nome della festa venne di nuovo modificato in “Giorno dell’Esercito russo” e, successivamente, in “Giorno dei Difensori della Patria”.

In questo modo, poco a poco, fu smorzata l’attenzione sul carattere militare della celebrazione, mentre rimase e si rafforzò quello patriottico. Tutti gli uomini russi sono, infatti, dei potenziali difensori della loro patria in caso di aggressione esterna (anche le donne che sono nelle Forze armate, dunque la festa si estende anche a loro) e, nello stesso tempo, tutti i cittadini sentono più forte il legame con la loro terra.

Col tempo il 23 febbraio è stato associato all’8 marzo, benché esista già la Festa Internazionale dell’Uomo che cade il 19 novembre. Come la Festa della Donna, neppure il Giorno del Difensore della Patria è immune dal consumismo che caratterizza la nostra epoca, ma non ha perso nulla della sua storia, del simbolismo di cui è stato caricato negli anni.

In questa giornata le donne, di solito, fanno dei regali agli uomini della loro famiglia e agli amici. I calzini e la schiuma da barba sono i doni più gettonati, tanto da essere diventati una specie di divertente “tormentone”.

Nessuno sa se ciò sia da attribuire a una mancanza di fantasia, a un modo per evitare l’onere della scelta, soprattutto se si ha ancora vivido in mente il ricordo della corsa sfrenata ai regali di Natale di appena due mesi fa, oppure a un budget limitato o, ancora, a tutti e tre questi fattori; quasi tutti gli uomini russi attendono con trepidazione (?) il momento in cui riceveranno un bel paio di calzini, un rasoio, un profumatissimo dopobarba, o una schiuma da barba.

Ironia a parte il 23 febbraio, giorno festivo in tutta la Russia, è da molti anni una data ricca di eventi culturali, di parate e dei superbi fuochi d’artificio che illuminano la capitale.

Se è vero che il tono di questa festa si è alleggerito negli ultimi tempi, è altrettanto evidente la radice spessa e profonda che, quasi fosse un cordone ombelicale, unisce i cittadini di questo immenso Paese all’identità russa più fiera e orgogliosa.

Nessuno può scalfire il rapporto tra i russi e la loro madrepatria; sul tema del patriottismo in Russia si potrebbe scrivere un libro, tanto è lungo, complesso, talvolta circondato da derive estreme.

In un momento storico difficile come quello che stiamo vivendo, in cui gli equilibri tra super potenze stanno cambiando insieme allo scenario politico internazionale, l’attaccamento all’identità nazionale, alle volte, si fa ancora più viscerale: una ricorrenza come quella del 23 febbraio diviene, così, un modo per mostrare al mondo la forza, la virilità e l’orgoglio maschile (qualcuno direbbe anche maschilista e prometto un articolo su questo tema che, data la sua complessità, necessita di una trattazione a parte, altrimenti rischiamo di perdere di vista il vero oggetto del post di oggi) e, nello stesso tempo, di tutto un popolo, per riaffermare il proprio ruolo sullo scacchiere mondiale attraverso l’immagine (pensiamo alle parate militari).

Per questo motivo il Giorno del Difensore della Patria è molto di più del corrispettivo maschile della Festa della Donna. 

Non la Festa dei calzini o della schiuma da barba quindi, ma il ricordo del passato dal punto di vista degli uomini e delle donne russi di oggi, in bilico tra problemi globali e interni, tra una nuova e una più tradizionale concezione del mondo.

lunedì 12 febbraio 2018

Origini e tradizioni della Maslenitsa

"Maslenitsa" di Boris Kustodiev (1919)
Inizia oggi in Russia, Ucraina e Bielorussia la festa di Maslenitsa (Масленица), che durerà per l’intera settimana, fino a domenica 18 febbraio. Maslenitsa viene spesso associata a una sorta di Carnevale russo, dati i numerosi punti in comune tra le due celebrazioni.

Il nostro Carnevale affonda le radici nella Grecia e nella Roma antiche, ovvero nelle celebrazioni in onore di Dioniso (celebrate in primavera) e nei Saturnali (che cadevano tra il 17 e il 23 dicembre).

Questi particolari periodi dell’anno rappresentavano il momento in cui l’ordine sociale poteva essere sovvertito, cioè tutti potevano fingere di essere, almeno per un po’, ciò che non erano e non sarebbero mai stati.

Le rappresentazioni teatrali, l’uso della maschera, l’interpretazione di un ruolo immaginario erano non solo dei divertimenti, ma anche il modo per “sospendere” la realtà quotidiana, spesso tutt’altro che facile, vivere in un mondo in equilibrio (ben stabilito dalle autorità), dove non esistevano più povertà e ingiustizie. Si trattava, insomma, di un “caos regolamentato”.

Queste feste erano strettamente collegate al ciclo di morte e rinascita della Terra, al “viaggio” inarrestabile del Sole nel cielo, all’imminente risveglio della Natura. Tutto ciò è confluito nel Carnevale, evolvendosi, adattandosi alle diverse epoche storiche e all’ascesa del Cristianesimo, cambiando, anche, alcuni dei significati originari.

La Maslenitsa, invece, pur cadendo nella settimana precedente la Quaresima ed essendosi “fusa” con i riti cristiani, come il Carnevale, ha antichissime origini slave. La Chiesa ortodossa preferisce chiamarla “сырная неделя” (Syrnaya Nedelja), che significa “settimana del formaggio”, oppure “мясопустная неделя” (Mjasopustnaja Nedelja), ovvero “settimana senza carne” poiché, secondo i dettami religiosi, durante la Maslenitsa si possono mangiare i latticini, ma non la carne.

Questa festa, popolare quanto il Carnevale, prevedeva già nei tempi più antichi giochi per bambini ed esibizioni teatrali, benché non vi fosse l’usanza di mascherarsi, sovvertendo l’ordine costituito.

Anche in questo caso la gente aspettava con trepidazione l’arrivo della bella stagione, preparandosi a salutare il gelido inverno che ricopriva di freddo e neve il terreno.

Se a Carnevale è impossibile non assaporare frappe, castagnole e struffoli (ma le ricette e i nomi dei dolci tipici di questa festa variano da regione a regione), durante la Maslenitsa sono i bliny (блины) a farla da padrone.

Si tratta di frittelle fatte con mais o farina di frumento (e non solo; anche in questo caso le
Fantoccio di Maslenitsa (Wikipedia)
ricette possono variare persino da famiglia a famiglia) a cui vengono aggiunti diversi condimenti, dolci o salati (i più celebri sono quelli al caviale).

Come abbiamo detto la Maslenitsa dura una settimana intera e ogni giorno corrisponde a un preciso “rituale” da compiere. Innanzitutto il primo bliny preparato è sempre n onore dei defunti. La prima parte della settimana è dedicata ai giochi, alla loro costruzione sul ghiaccio e alla preparazione dei dolci.

Durante la seconda parte, sempre secondo una rigida scansione degli eventi che si è parzialmente mantenuta nel tempo, amici e parenti si ritrovano per conversare, mangiare e, ovviamente, per il piacere di stare insieme.

I giorni di questa particolare settimana hanno dei nomi diversi dal solito, collegati alle attività e ai riti della Maslenitsa. Vediamoli più da vicino.

Il lunedì viene detto встреча (vstrecha, incontro) ed è il giorno in cui si costruisce il fantoccio di paglia che verrà bruciato la domenica successiva; il martedì, заигрыш (zaigrish, giochi), è dedicato ai divertimenti per bambini, il mercoledì, лакомка (lakomka, ghiottone), è il giorno dedicato ai dolci e al thè nero preparato nei samovar; il giovedì è conosciuto con il nome разгуляй (razguljaj, passeggiata), perché in passato si usava effettuare dei giri su slitte intorno ai villaggi e alle città, per “scacciare l’inverno”; il venerdì, тещины вечера (tjoshniy vechera), la tradizione vuole che le suocere preparino la cena (bliny compresi) ai generi; capire a chi tocchi cucinare il sabato, золовкины посиделки (zolovkiny posidelki, la serata della cognata), è facilmente intuibile dal nome che viene dato a questo giorno.

La domenica di Maslenitsa è il fulcro di tutta la festa. Chiamata in russo прощеный день, (proshchenyj den, giorno del perdono), è la giornata in cui tutti hanno la possibilità di chiedere scusa per le offese arrecate durante l’anno e ricevere il perdono.

In passato si usava anche costruire un fantoccio di paglia che andava bruciato in questo giorno, una sorta di “capro espiatorio” su cui riversare i mali del mondo, tra cui il gelo invernale che non consente alla Terra di donare nutrimento ai suoi figli.

Il fantoccio veniva bruciato sancendo, così, la fine della stagione fredda e l’inizio di un nuovo ciclo (un po’ come accade durante l’Epifania, quando si brucia uno spaventapasseri con le fattezze della Befana).

Oggi ci sono moltissime iniziative che si svolgono nel cuore delle grandi città come Mosca e San Pietroburgo, ma anche i villaggi possono contare su tradizioni molto forti, ancorate alla storia e al carattere del popolo russo. 

Maslenitsa non è solo la settimana in cui gustare i bliny, ma anche il periodo da dedicare alla famiglia e agli amici, per stare vicini, essere allegri e ritrovare la speranza attraverso la rinascita della Terra con i suoi colori e i suoi profumi, dopo un lungo sonno protetto dal silenzio ovattato della neve.


Bibliografia

Bonciani, Romagnoli, Smykunova, “Mir Tesen. Fondamenti di cultura russa”, Hoepli, 2016;

martedì 31 ottobre 2017

La doppia natura della Baba Yaga

La Baba Yaga di Ivan Jakovlevič Bilibin (1902) 
Non c’è bisogno di essere esperti in folklore slavo per associare il nome “Baba Yaga” (si legge "baba jagà) alla figura di una fattucchiera vecchia, brutta e perfino cannibale. Forse non abbiamo letto le storie in cui questa terribile vecchietta senza età è l’antagonista dell’eroe o dell’eroina, magari non conosciamo le origini della leggenda, né le caratteristiche del personaggio, ma, se l’abbiamo sentita nominare almeno una volta nella nostra vita, sappiamo per certo che si tratta di una strega spietata.

Questa è, infatti, la definizione che accompagna da secoli la Baba Yaga. La parola strega, però, nasconde molti significati, spesso contraddittori e ambigui, risultato di un lento processo storico e religioso di ostracismo e demonizzazione che mirava a cancellare gli antichi elementi pagani in favore della nuova religione dominante, ovvero il Cristianesimo.

Un processo che accaduto spesso nella Storia, quando il potere in ascesa o dominante ha travolto quello ormai in declino, relegandolo ai margini della nuova società e subito anche dalla Baba Yaga.

Stavolta però, ci troviamo di fronte a un caso ancora più particolare, data la duplice natura, benigna e maligna, di questa strega. La Chiesa non poteva accettare un simbolo pagano di cui, per giunta, non era mai stata rifiutata l’essenza malvagia. Gli abitanti delle regioni che oggi sono diventate Federazione Russa, infatti, cercavano di “tenersi buoni” gli spiriti negativi, di accontentarne le richieste, con lo scopo di renderli più amichevoli.

Nell’antica Rus’ di Kiev, cristianizzata nel 988, il bene e il male convivevano, sovrapponendosi senza soluzione di continuità. Tutti, dai contadini ai nobili, riconoscevano la dualità della natura e sapevano di non poterla respingere, poiché non può esistere il bene senza il suo contrario e viceversa.

Ogni cosa esistente recava in sé la luce e l’ombra ma, ovviamente, la Chiesa non avrebbe mai tollerato che, in qualche modo, si cercasse un “dialogo” con ciò che era considerato maligno. Il male doveva essere nettamente separato dal bene e nessuna via per il compromesso era percorribile.

Nella cultura orale di quelle terre allora considerate lontane e misteriose la Baba Yaga
Vasilisa fuori dalla casa della Baba Yaga (Bilibin, 1902)
rappresentava un bel problema che si poteva risolvere solo marcando le caratteristiche negative del personaggio, fino a far dissolvere quelle positive.

Una vecchia orribile, dall’aspetto emaciato, scheletrico, che si nutre di bambini, viaggia su un mortaio che guida attraverso un pestello, una specie di “timone”, cancella le sue tracce e i sentieri con una scopa fatta di betulla d’argento o di capelli umani a seconda delle versioni della leggenda.

Non solo: la Baba Yaga vive nella foresta, ma nessuno sa con precisione dove sia la sua casa, né quale sia il sentiero per arrivarci. La sua dimora altro non è che una “izba”, cioè una capanna contadina a una stanza, tipica delle regioni rurali russe, fatta con tronchi di pino o abete rosso e un tetto di paglia.

Questo tipo di costruzione è facilmente riconoscibile dall’aspetto “tondeggiante” che le conferiscono proprio i tronchi interi da cui è composta. La parola “izba”, nel russo antico, indica la stufa, dunque il cuore della casa, il focolare che riscalda.

La casa della nostra Baba Yaga può anche spostarsi, visto che poggia su zampe di gallina ed è fatta con ossa umane. Perfino la serratura è una bocca con i denti e all’interno non vi sono lampade a illuminare l’ambiente, bensì occhi umani.

Gli studiosi hanno ipotizzato che le zampe di gallina e la stessa “izba” della strega siano l’emblema della pira su cui gli slavi bruciavano i corpi dei defunti.

La Baba Yaga simboleggia la natura selvaggia, ignota, la conoscenza che da essa deriva e la sua casa non si trova in nessun luogo conosciuto, ma in una sorta di altra dimensione, al confine tra il mondo reale e quello degli spiriti. Per questo motivo la fattucchiera può essere paragonata a una sorta di Caronte al femminile (con le dovute distinzioni), una donna che vive al di fuori del tempo, al confine tra il passato e il futuro misterioso.

È la personificazione della foresta nella quale è possibile perdersi e non fare mai più ritorno, è depositaria del sapere che molti uomini bramano e altri temono. Una conoscenza femminile, quindi più pericolosa.

La Baba Yaga, però, sa anche essere buona, a patto che l’eroe giunto fino alla sua izba per chiederle aiuto si dimostri rispettoso nei suoi confronti e abbia un animo puro che nessuna strega può manipolare.

In questo senso l’anziana rappresenta sia il mentore dell’eroe stesso, ovvero la maestra che lo consiglia, lo prepara ad affrontare le prove sul suo cammino, sia la “sacerdotessa” che gli dona gli strumenti necessari per compiere un viaggio iniziatico la cui meta è la maturità.

Insomma l’eroe deve dimostrarsi degno di diventare uomo e meritarsi il sostegno della strega, la quale non ama né le persone invadenti, né quelle troppo ossequiose. Tutti noi, nella vita, incontriamo tante Baba Yaga: sono le persone che ci indicano la via, o che ci aiutano a comprendere il mondo, ma possono essere anche le prove che affrontiamo ogni giorno, la consapevolezza della realtà che conquistiamo ogni volta che facciamo esperienza.

La Baba Yaga è la Madre Terra che, con la giusta severità, ci sprona ad agire, a imparare e a guardarci intorno con occhi curiosi e attenti, evitando i pericoli, costringendoci a usare la nostra testa per riflettere.

Per lei la morte non è che una rinascita, il buio il preludio della luce. Si trova in mezzo a noi, eppure non la vediamo. C’è e non c’è nello stesso tempo, sta a noi cercarla con cuore e mente aperti. La Baba Yaga è la nostra coscienza che non fa sconti, ma ci aiuta a risollevarci quando cadiamo.

Forse è in ognuno di noi e la sua figura è molto potente proprio perché costituita da molteplici sfaccettature, da diversi “volti”, ora spaventosi, ora benevoli, come l’essenza umana, così mutevole, complessa, indefinibile e, per questo, inafferrabile e affascinante.


Bibliografia

Klein Erica, “Ritratti di Russia al femminile. Leggenda, letteratura, cronaca”, Pendragon, 2014;

Propp Vladimir, “Morfologia della Fiaba e le radici storiche dei racconti di magia”, Newton, 1992;

Pinkola Estés Clarissa, “Donne che corrono coi lupi. Il mito della donna selvaggia”, Sperling & Kupfer, 2016.

lunedì 9 maggio 2016

9 maggio. La Giornata della Vittoria in Russia


Fonte: http://fotki.yandex.ru/users/sergey-korovkin-84/

Oggi è un giorno molto importante   nella Federazione russa; un momento carico di significato e di memoria, dedicato al passato, ma anche al presente e all’orgoglio di un intero popolo; День Победы (Den Pobedy), il Giorno della Vittoria.

Il 9 maggio, infatti, si ricorda uno degli eventi “spartiacque” della storia russa del Novecento, ovvero la resa dei nazisti, avvenuta ufficialmente l’8 maggio con la firma del relativo documento a Berlino, ma annunciata al popolo sovietico solo la mattina seguente per evidenti ragioni di fuso orario.

Questa giornata divenne, così, la data ufficiale della celebrazione e, dal 1965, assunse lo “status” di festa nazionale. Il tempo che cammina senza sosta, la Storia con l’avvicendarsi dei suoi protagonisti e la stessa attualità politica e sociale hanno inevitabilmente mutato il cuore e la vita dei russi, imprimendo, di conseguenza, dei cambiamenti sul modo di percepire e festeggiare il Giorno della Vittoria.

Un’evoluzione sulla strada dell’orgoglio patriottico sempre più decisa e visibile soprattutto oggi, in un Paese che si sente più forte nonostante le difficoltà e appoggia quasi incondizionatamente il suo presidente, Vladimir Vladimirovič Putin dal sia nelle scelte riguardanti la politica interna che in quelle relative alla politica estera. Il centro Levada riporta una percentuale di consensi pari addirittura all’81%.

Quali sono i fatti storici da cui ha avuto origine il Giorno della Vittoria? Per i russi il ricordo
"San Giorgio e il drago". Raffaello, 1505.
della guerra contro il nazismo è legato a una data particolare, il 22 giugno 1941, quando Adolf Hitler (1889-1945) diede il via all’invasione dell’Unione Sovietica (Operazione Barbarossa) e tragicamente vincolato alla perdita di 28 milioni di connazionali.


Non a caso nella Federazione tale conflitto è conosciuto anche con il nome di “Grande Guerra Patriottica”: questa denominazione mette l’accento sull’eroico tentativo, da parte dell’esercito e del popolo, di difendere la patria dagli invasori. In questa prospettiva, dunque, va visto il forte senso di patriottismo russo e i sontuosi festeggiamenti che prevedono fuochi d’artificio, proiezioni di film in cui sono ricostruiti i fatti e l’atmosfera di quei giorni e sfilate, la più celebre delle quali ha luogo a Mosca, nella Piazza Rossa.

Quest’anno le prove generali della parata che ha percorso le vie principali della città sono state aperte al pubblico (l’ultima è avvenuta il 7 maggio), mentre per accedere nella Piazza e partecipare alla celebrazione vera e propria del 9 maggio è necessario essere in possesso dell’invito. Per comprendere ancora meglio il significato di questa festa è giusto analizzarne alcuni tra i simboli più importanti, il nastro di San Giorgio e le coraggiose imprese delle “Streghe della Notte”. Due emblemi di natura diversa, ma ugualmente protagonisti della memoria e delle tradizioni russe.

Il nastro nero e arancione di San Giorgio è distribuito, in vista della festa e non solo in Russia, dall’organizzazione Georgevskaya Lentochka (Гео́ргиевская ле́нточка (i nastrini di San Giorgio) per onorare i veterani di guerra (veri protagonisti del 9 maggio) e l’Ordine di San Giorgio.

Quest’ultimo è un prestigioso ordine militare, i cui colori distintivi sono, appunto, il nero e l’arancione. Venne istituito dalla zarina Caterina II (1729-1796; in carica dal 1762) durante la guerra russo-turca (1768-1774), abolito nel 1917 con la rivoluzione e ripristinato nel 1994 dal governo russo. Si tratta di un’alta onorificenza donata a chi si è distinto, per audacia, lealtà e capacità, sul campo di battaglia. Lo stemma dell’Ordine rappresenta proprio San Giorgio nell’atto di uccidere il leggendario drago.

Il Giorno della Vittoria è legato anche a un manipolo di donne che combatterono strenuamente contro l’esercito nazista e sono conosciute come “Le streghe della notte”. Proprio i tedeschi scelsero questo nome piuttosto sinistro per definire le giovanissime aviatrici di cui temevano tanto la fierezza e lo spirito di sacrificio, quanto le capacità militari.

Nel 1942 vennero arruolate circa un centinaio di ragazze tra i 17 e i 22 anni, subito addestrate a pilotare i biplani Polikarpov PO-2 con cui avrebbero sganciato bombe e portato rifornimenti ai soldati. I mezzi su cui viaggiavano non erano veloci e nemmeno sicuri, ma questo non le distolse dal loro compito e in breve tempo divennero una spina nel fianco dei nazisti.

La fondatrice del 46° Reggimento Guardie di Taman di Bombardamento Leggero Notturno (questo è il nome ufficiale delle Streghe della notte) fu Marina Michailovna Raskova (1912-1943), aviatrice, stratega, chimico e militare. Il comando, invece, venne affidato a Evdokia Davidovna Bershanskaya (1913-1982).

Questi non sono che pochi cenni di una storia ancora viva nell’animo dei russi, un frammento di passato che li coinvolge direttamente (28 milioni di vittime vuol dire una vita spezzata quasi in ogni famiglia) e che, negli ultimi anni, ha assunto i toni di un radicato nazionalismo.

Il Giorno della Vittoria ci riporta indietro nel tempo, a un conflitto che ha coinvolto tutto il pianeta, spezzando troppe vite e marchiandosi a fuoco nella memoria di chi lo ha vissuto e persino di chi ne ha sentito e letto i tristi resoconti.

Nella Federazione, oggi, questo giorno rappresenta anche la celebrazione di una decisa e orgogliosa volontà d’appartenenza e di una forte identità che si esplicano attraverso l’unità del popolo russo.
 
 
Bibliografia e sitografia

G.P. Milanetti, “Le streghe della notte. La storia non detta delle eroiche ragazze pilota dell’Unione Sovietica nella grande guerra patriottica”, Roma IBN Editore, 2011;

Korchagina E, Stepanova E, “Priglashenie v Rossiju. Vol 2”, Russki Yazik, 2014;

Pesenti Graziano, “San Giorgio Martire”, Elledici Ed. Velar, 2014;

http://www.secoloditalia.it/2016/02/putin-fa-pieno-consensi-l81-dei-russi-schiena-dritta/

http://www.agi.it/russia/2016/04/27/news/russia_sondaggio_consenso_di_putin_tra_i_russi_all_82_-725354/